La ferrovia sotterranea

Titolo: La ferrovia sotterranea
Titolo originale: The Underground Railroad
Autore: Colson Whitehead
Nazionalità Autore: Stati Uniti
Data di Pubblicazione: 12 maggio 2021
Editore: Sur 
Genere: Narrativa Americana
Pagine:  376  

Il libro racconta la storia di Cora, lei è una schiava, figlia e nipote di schiavi. Ajarri, la nonna, era una donna nera rapita in Africa per essere venduta come schiava, Mabel, la madre, fuggì dagli orrori della piantagione dove abbandonò la figlia. Quando Cora incontra un altro schiavo di nome Caesar che le propone di tentare la fuga, accetta la proposta in cerca di libertà. Seguiremo la fuga di Cora attraverso la ferrovia sotterranea. Oltre alla vita di Cora, incontriamo tanti personaggi, alcuni malvagi, altri dal cuore grande, che dipingono per noi il terribile quadro della schiavitù.

Dopo aver letto I ragazzi della Nickel, che mi aveva fatto apprezzare la penna di Colon Whitehead, volevo leggere qualcos’altro di suo e devo ammettere che ho trovato questo libro molto più bello. L’autore utilizza un fatto storico per ricreare la trama di questo libro. “The Underground Railroad” esisteva realmente, non era un treno, ma una rete abolizionista del 19° secolo che aiutava gli schiavi a fuggire dalle piantagioni del sud verso gli stati liberi del nord, il nome deriva dal fatto che i suoi membri usavano termini ferroviari come metafore per riferirsi alle loro attività, ad esempio macchinisti per coloro che conducevano gli schiavi, stazioni per le case che li accoglievano, i passeggeri erano gli schiavi, le rotaie erano le vie di fuga, ecc. L’autore sfrutta questo dato storico e lo trasforma all’interno del romanzo in una vera e propria rete di treni clandestini, Cora e Caesar cercheranno di ritrovare la loro libertà aiutati da questa metropolitana. La struttura del romanzo è diviso in sei parti: l’introduzione (Georgia), che racconta la vita di Cora fino all’inizio della sua fuga; la fuga attraverso vari stati (Carolina del Sud, Carolina del Nord, Tennessee e Indiana) e l’epilogo. Ma non conosceremo solo il viaggio di Cora, lungo la strada incontriamo molti personaggi che ci permettono anche di conoscere la loro storia in questo mondo violento, dalle persone che li aiutano ai cacciatori di schiavi. Una delle cose che più mi ha colpito del romanzo è che l’autore descrive molto bene il trattamento che subivano gli schiavi, trattati come merci che venivano comprati, scambiati o ereditati e quando fuggivano venivano cacciati, perché erano il bene più prezioso delle piantagioni, ma se ripresi venivano uccisi per essere da monito per gli altri.

 Alla piantagione dei Randall Cora aveva sentito tante volte Michael recitare la Dichiarazione di Indipendenza, con la voce che si perdeva fra le capanne del villaggio come un fantasma arrabbiato. Non capiva le parole, o quantomeno ne capiva una minima parte, ma quel creati uguali non le sfuggiva. Gli uomini bianchi che avevano scritto quel testo non lo capivano neanche loro, se tutti gli uomini per loro non significava davvero tutti gli uomini. Se rubavano ciò che apparteneva ad altri, che fosse qualcosa che si poteva tenere in mano, come la terra, o qualcosa di immateriale, come la libertà. I terreni che Cora dissodava e lavorava un tempo erano appartenuti agli indiani. Lei sapeva che i bianchi si vantavano dell’efficienza dei massacri in cui avevano ucciso donne e bambini, strangolando il loro futuro
nella culla.
Corpi rubati che lavoravano terra rubata. Era un motore che non si fermava, la sua caldaia mai sazia si alimentava a sangue.

La storia è dura, a tratti brutale e cruda i diversi personaggi, ben caratterizzati, ci mostrano fino a che punto gli esseri umani possano essere ignoranti, malvagi e crudeli. Ma ci racconta anche l’altra parte, la solidarietà e la generosità di tanti altri che hanno lottato e rischiato la vita per la libertà. Ci racconta i sogni, la fatica, le emozioni, i sentimenti e la determinazione di molte persone nel cambiare il proprio destino e quello degli altri. La protagonista è un personaggio accattivante e coinvolgente, non possiamo fare a meno di tifare per lei, soffrire con lei e vivere i suoi sogni.

Il libro mi è piaciuto molto, parla di libertà, di lotta, di razzismo, ci racconta di una società diversificata: da una Georgia di incubi e torture, arriveremo alla Carolina del Sud dove, sotto un apparente libertà, si nascondono pratiche mediche terribili, che mira alla supremazia della razza bianca, dalla Carolina del Nord con il terribile “sentiero della libertà” a quel Tennessee infuocato per finire con il genocidio, mentre una voce ci ricorda che non è la prima volta che accade qualcosa di simile, poiché se ci guardiamo indietro, vedremo che anche gli indiani nativi subirono persecuzioni e sterminio. Un libro duro, che parla di uno dei periodi più bui della storia dell’umanità, che riflette l’ipocrisia di un Paese che pretende di lottare per una libertà che non ha mai concesso. Un libro da leggere.

Voto 5/5


Dal Libro

Che razza di mondo è, pensò Cora, quello in cui una prigionia perenne è il tuo unico rifugio? Era libera dalla schiavitù o ancora sotto il suo giogo: come descrivere la situazione di una fuggiasca? La libertà era qualcosa che cambiava forma mentre la si guardava, così come un bosco è fitto di alberi visto da vicino ma dall’esterno, da un campo aperto, se ne vedono i veri limiti. Essere liberi non aveva nulla a che fare con le catene o con la quantità di spazio a disposizione. Alla piantagione Cora non era stata libera, ma su quegli ettari si muoveva senza impedimenti, assaporando l’aria e seguendo con gli occhi le stelle estive. Era un posto grande, nella sua piccolezza. Li invece era libera dal padrone ma doveva rigirarsi in una gabbia così piccola che non riusciva neanche a starci in piedi.
Cora era confinata in cima alla casa da mesi…


Chi è Colson Whitehead

Colson Whitehead è uno scrittore statunitense classe ’69. Nato e cresciuto a New York, ha conseguito una laurea ad Harvard. Con il suo romanzo più famoso La ferrovia sotterranea ha vinto il Premio Pulitzer nel 2017 e lo ha di nuovo vinto quest’anno, proprio, con I ragazzi della Nickel.

     


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