I tre matrimoni di Manolita

Titolo: I tre matrimoni di Manolita
Titolo originale: Las tres bodas de Manolita
Autore: Almudena Grandes
Nazionalità Autore: Spagna
Data di Pubblicazione: 5 novembre 2015
Editore: Guanda
Genere: Narrativa Storica
Pagine: 784

Non è facile sopravvivere a Madrid, negli anni terribili della «normalizzazione franchista» che fa seguito alla Guerra civile. Sono tempi di fame e di terrore, soprattutto per Manolita, che a sedici anni si trova a farsi carico delle sorelle e dei fratelli più piccoli, dopo che il padre e la matrigna vengono incarcerati e il fratello maggiore è costretto a nascondersi a causa della sua militanza comunista. Manolita non ha mai voluto sapere nulla di politica, e per questo gli amici del fratello l’hanno soprannominata signorina «Non contate su di me».
Eppure adesso hanno bisogno di lei per tenere viva una speranza di resistenza, legata alla possibilità di stampare e diffondere materiale di propaganda. Dagli esuli spagnoli in Messico sono stati inviati dei misteriosi ciclostili, macchine che però nessuno riesce a far funzionare: a Manolita viene affidato il compito di far visita a un detenuto che è forse l’unico in grado di svelarne i segreti. Quel ragazzo timido e apparentemente privo di fascino sarà determinante nella sua vita, e al primo incontro con Silverio ne seguiranno molti altri, mentre nelle lunghe attese fuori dal carcere Manolita scoprirà tante sofferenze e tante attestazioni di solidarietà.
Una grande storia di amore e di coraggio traboccante anche di passione civile e politica, in cui ancora una volta Almudena Grandes riesce a far convivere verità storica e verità narrativa.

«Nei tempi buoni, le ragazze si sposano per amore. In quelli cattivi, molte lo fanno per interesse. Io mi sposai con un detenuto nei tempi peggiori che si possano immaginare, e per colpa di due ciclostili che nessuno sapeva far funzionare.» 

Terzo libro della serie “Episodi di una guerra interminabile”. I tre matrimoni di Manolita ci racconta la vita sociale della Madrid degli anni ’40 nel dopoguerra. La protagonista della storia è Manolita, una giovane donna quasi adolescente, lasciata sola a prendersi cura delle sorelle e dei fratelli più piccoli. Il padre e la matrigna sono stati incarcerati, il fratello Antonio (Tonito), militante del PCE, si sta nascondendo, il loro negozio e la casa di famiglia sono stati confiscati e lei dovrà non solo sfamare tutti ma andare a confortare il padre e la matrigna in carcere. Quando nell’organizzazione del partito arrivano dei ciclostili per la propaganda, dei quali non riescono a capire il funzionamento Antonio chiede l’aiuto di Manolita, così, lei che non voleva interessarsi di politica tanto da essere soprannominata la signorina “Non contate su di me”, si troverà ad aiutare il fratello. Comincia così a frequentare Silverio, il “manitas” un esperto meccanico, nel carcere di Porlier come sua fidanzata ma per poterci parlare in privato lo sposa, è un matrimonio fittizio: Per 800 pesetas, 10 kg di dolci e 10 pacchetti di tabacco, due detenuti potevano avere una visita intima con la propria moglie, in una stanza sporca, senza mobili e male illuminata, e le due coppie condividevano quella stanza per avere rapporti sessuali. Manolita no, perché per lei era un amico del fratello dal quale non si era mai sentita attratta, lo trovava brutto, e per lui era la sorellina del suo migliore amico e non l’aveva mai notata e comunque era solo il mezzo per parlare dei ciclostili. Ma durante quelle visite al parlatorio di Porlier senza alcuna intimità, in cui dovevano gridare per farsi capire dagli altri parenti dei detenuti, trovavano pace l’uno nell’altro. Nei tre matrimoni di Manolita non troveremo solo la storia di Manolita, ma tante altre storie, come quella di Isabel, sorella di Manolita che, per una legge a tutela dei figli dei prigionieri repubblicani, viene mandata in un collegio a Bilbao, gestita da suore. Isa arriva a scuola pensando di lasciare i disagi di Madrid ed avere la possibilità di studiare, ma la realtà è molto diversa, le ragazze sopra i 14 anni diventano schiave, vengono messe a lavorare come lavandaie, usano soda caustica al posto del sapone che distrugge le loro mani. O la storia di suor Carmen, una delle poche suore che osa alzare la voce per denunciare l’ingiustizia di questa situazione e che cerca di aiutare Isa. Un’altra storia che troveremo è quella di Eladia, la ballerina, donna bellissima con un passato doloroso che non voleva innamorarsi ma finisce per innamorarsi perdutamente di Tonito, per il quale era disposta a tutto. Ed è anche la storia del Palmera, di Roberto el Orejas, Paquita, Rita e di molte donne costrette a sopravvivere dopo tutte le ingiustizie del franchismo.

«—Ma non ti dico di no, Manolita —mi ha preso il viso tra le mani e io ho chiuso gli occhi, ho lasciato la testa tra le sue mani, ho sentito un calore, un benessere istantaneo, simile alla pace che non avevo più assaggiato dalla fine della guerra. Ti dirò di sì”.

Questo terzo libro è composto da 4 lunghi capitoli in cui Almudena Grandes ci presenta la storia di Manolita e dei vari personaggi che l’accompagnano e una parte storica necessaria per delineare il periodo che stavano vivendo i personaggi. Come nei libri precedenti, la storia non ci viene narrata in modo lineare, ma tra diversi punti di vista e salti nel tempo sovrapponendo passato, presente e futuro e non dividendo presente e passato in capitoli, Ci sono parti in cui la storia è raccontata dalla stessa Manolita, che parla al passato e in prima persona. In altri il narratore cambia in terza, pur continuando a parlare al passato ed è in queste parti che si racconta la vita dei personaggi secondari, che aiutano il lettore a conoscerli meglio. Ci sono cammei di alcuni personaggi dei precedenti romanzi come Inés o l’apparizione di Nino o il portoghese, o la fuga di Galan per sfuggire ad un arresto. Più libri leggo di Almudena Grandes, più mi piace il modo in cui racconta le storie, sono “storie nella storia” è vero che inizialmente è difficile entrare nei suoi romanzi perchè l’autrice è solita presentarci molti personaggi e molte storie intrecciate fra loro, ci si può facilmente perdere nell’intricata rete di legami e nella cronologia totalmente disordinata, ma superata la prima parte poi tutto scorre velocemente e tutte le storie riescono ad incastrarsi perfettamente.

In Spagna non si poteva vivere, ma ci vivevamo. Chi aveva ancora qualche chance, scappava in Francia o si univa alla Resistenza in montagna. Chi se le era giocate tutte, si suicidava. Per quelli come noi, che non avevano né l’occasione né il coraggio di scappare, c’era solo una ricetta, accettazione, pazienza e, soprattutto, rassegnazione, la falsa amica, la pietosa nemica, che mi sussurrava nell’orecchio, chilometro dopo chilometro, che avrebbe potuto andarci anche peggio, che Isa si sarebbe potuta prendere una malattia seria, il tifo, la tubercolosi, le febbri reumatiche, che l’avrei potuta trovare in un letto d’ospedale, che la denutrizione si curava mangiando, che Pilarín stava a meraviglia, e non sarebbe durata per sempre… la conoscevo bene come il riflesso della mia faccia nello specchio. 


Non ci sono parole per far capire il talento di questa grande scrittrice e far capire quel mondo meraviglioso che esisteva nella sua testa, pur raccontandoci le ingiustizie e le atrocità della guerra: Le visite alle carceri in cui sono rinchiusi gli uomini, la perseveranza di quelle donne che faranno anche l’impossibile perché i loro genitori, mariti, fidanzati o fratelli non si arrendano davanti a quelle mostruose condanne a morte o a 30 anni. Tutti i personaggi sono fantastici a partire da Manolita così fragile e sola ma che nel corso della storia dimostra la sua grande forza; Eladia con la sua durezza ma che si lascia vincere dall’amore nonostante la sua ferma decisione di non farsi sfruttare dagli uomini; Isa (basata su una donna che l’autrice ha incontrato e che voleva che la sua storia fosse conosciuta) con le sue illusioni infrante: imprigionata in quel collegio, costretta a vivere come una schiava solo per essere figlia di “rossi” imprigionati; ho provato molta rabbia e impotenza per quelle povere ragazze. Non saprei dire quale personaggio mi abbia commosso di più, ricorderò con affetto Manolita e Silverio, Tonito ed Eladia, Isabel, la sorella Carmen, il marchese Antonio de Hoyo, ed ho adorato il Palmera.

Non mi ha lasciato finire la frase e quindi l’ultimo bacio di quella notte mi ha insegnato la cosa più importante. Che niente, né il gelo dell’inverno, né le tempeste del settentrione, né il Consiglio di Redenzione delle Pene, né Franco, né quello che aveva fatto con la Spagna, nemmeno quel Dio goffo e storpio che era appena diventato monco e non aveva più la forza di stringermi, di annegarmi allo stesso tempo tra le sue dita, mi avrebbe impedito di essere felice a Cuelgamuros.

È un romanzo che rende omaggio alla forza delle donne che devono imparare a lottare per sopravvivere in una società ostile, di fame, miseria e paura, di repressione e di lotta all’ultimo sangue per andare avanti… in cui c’è spazio anche per una grande solidarietà. Mi ha colpito soprattutto la solidarietà che si crea tra le donne (quelle messe in coda per la visita al carcere di Porlier per vedere i propri uomini) e come intessono legami di sostegno, condividono dolori, speranze e lutti e continuano a lottare e a mantenere la speranza per un futuro migliore. Un romanzo profondamente emozionante, con personaggi molto ben creati, che ci incoraggia a continuare con il resto della serie perché rappresentano una testimonianza abbastanza fedele delle vite in frantumi dei repubblicani dopo la Guerra Civile Spagnola. Non ho parole per ringraziare Almudena Grandes, per i suoi personaggi, le sue storie e il suo modo di raccontarcele.

Voto 4,/5


Dal Libro

“Dove aveva fallito l’Orejas ai tempi eroici della possibile vittoria, erano riuscite le donne della coda del carcere di Porlier nel pozzo senza fondo di una sconfitta totale. Con loro avevo imparato che rinunciare alla felicità era peggio che morire, e che l’anelito, il desiderio, la speranza di un futuro migliore, anche se ridotto a quello che restava tra una condanna a morte e una a trent’anni di prigione, era possibile, era buono e legittimo, era dignitoso, ammirevole, persino in quella succursale dell’inferno dove avevo fatto la coda tutti i lunedì della migliore estate della mia vita. Aspirare alla felicità in un carcere era un modo per resistere, e questo, anche se la mia matrigna non l’avrebbe mai capito, non significava rinunciare alla normalità, alle comodità, al destino placido della gente comune, ma fare una scelta libera e sovrana. Il frutto dell’unica libertà che mi restava.”.


Chi è Almudena Grandes

Almudena Grandes (1960-2021) è stata una delle più importanti autrici spagnole contemporanee. Guanda ha pubblicato tutti i suoi libri: Le età di Lulù, Ti chiamerò Venerdì, Malena, un nome da tango, Modelli di donna, Atlante di geografia umana, Gli anni difficili, Troppo amore, Il ragazzo che apriva la fila, Cuore di ghiaccio, Inés e l’allegria, Il ragazzo che leggeva Verne, I tre matrimoni di Manolita, I baci sul pane, I pazienti del dottor García e La figlia ideale.


Lascia un commento